30 maggio 2017

Il Rapporto Istat 2017 – Key Points

Il Rapporto Istat 2017 – Key Points

Si è concluso il 30 maggio scorso l’appuntamento con Giorgio Alleva, Presidente dell’Istat, in cui il Professore ha presentato un commento su: “Il Rapporto ISTAT 2017 a pochi giorni dalla sua pubblicazione”. La riflessione si è articolata in tre momenti tematici: Quadro macroeconomico Risultati di ricerche e contributi su internazionalizzazione imprese Lettura innovativa della società italiana per gruppi sociali 1) Il quadro macroeconomicoAndamento del PILModerata la ripresa del volume allo 0,9%.Appare un quadro favorevole soprattutto per la domanda interna che ha bilanciato il fattore negativo delle scorte e della domanda estera netta in calo. La domanda interna è stata sostenuta dall’aumento dei consumi finali nazionali (+ 1,2%)1. Il processo di crescita stenta ad affermarsi in maniera piena: l’andamento positivo riguarda soprattutto l’ industria mentre le performance nei diverse comparti dei servizi attraversano una fase eterogenea (migliori commercio e attività professionali e calo nei servizi di informazione e comunicazione e finanziari/assicurativi).InvestimentiGli investimenti sono in crescita del 2,9% (nel 2015 era dell’1,8% nei tre anni precedenti erano in calo). Il settore che ha trainato il miglioramento è quello dei mezzi di trasporto al 27,3%,come vediamo in slide 2, e la crescita all’ 1,1% nel settore costruzioni dopo 8 anni di contrazione.2. Mercato del LavoroProsegue il trend positivo (+1,3% di occupati nel 2016) che però ci vede ad un 57,2% occupazionale ancora molto basso rispetto alla media UE (66,6%), a causa soprattutto del gap di genere (l’occupazione femminile è del 13 punti percentuali sotto gli standard internazionali).L’occupazione part time –volontario in particolare, è cresciuta più di quella full time, maggiore il peso del lavoro dipendente rispetto a quello indipendente. Andamento dei prezziAssistiamo alla stagnazione che prosegue dal 2015. Nei primi mesi registriamo una dinamica in risalita dei prezzi al consumo. Impatti sul reddito disponibile ai consumi e sui saldi di finanza pubblica.Un timido + 0,5% si registra al netto dei beni energetici e alimentari non lavorati: nonostante il rischio deflazione sia alle spalle, non si prevede una ripresa importante e generalizzata su questo fronte. Il commercio esteroLe statistiche mostrano un aumento delle importazioni: la crescita del volume delle importazioni pare rilevante, sia per aumento della domanda, sia per una minore capacità di presidio del mercato interno dopo tanti anni di domanda raffreddata.L’aumento dei volumi delle importazioni non ha intaccato il saldo al bilancio commerciale anche a causa delle ragioni di scambio con riduzioni ai prezzi di importazione che ha agevolato queste dinamiche. Altro fattore positivo sono i segni di ripresa sui mercati extra UE come Russia e Cina. Lo scenario delineato per il 2017Lo scenario a breve termine vede stime di andamento PIL a +0,2 (stesso dato del trimestre precedente).La crisi in Italia è stata più profonda e duratura rispetto ai partner e i ritmi della ripresa sono ancora molto poco soddisfacenti ed eterogenei. La competitività e la produttività italiana in generale sono ridotte rispetto agli altri Paesi. 2) Internazionalizzazione delle imprese: dinamiche oltre la crisiNegli anni di maggiore crisi, la perdita è stata limitata dalla domanda estera, il sistema produttivo italiano ha subito un processo di selezione fortissimo: ne è uscito più piccolo ma più capace di competere ed innovare.Quanto è importante non solo esportare ma rendere le esportazioni un asset fondamentale del business?Ampliare i mercati di destinazione (extra UE) ed essere capaci di reagire rispetto alla domanda mondiale che è più dinamica risulta vitale. Per misurarlo si è utilizzato l’archivio delle imprese italiane (integrando i dati strutturali con le performance delle imprese, il bilancio ecc.)In questo grafico troviamo un quadro delle imprese, classificate come “ a rischio” o “in salute” secondo alcuni criteri:- sostenibilità- redditività- liquidità e indebitamento3. In presenza di tutti gli elementi si parla di un’impresa in status ottimale, quando c’è solo la redditività lo stato di salute è fragile, quando manca anche la redditività si parla di imprese a rischio.Emerge come la quota delle imprese in salute sia cresciuta in modo più netto quando si tratta di imprese esportatrici, mentre tra quelle a rischio c’è un sostanziale allineamento.Questo trend positivo è dovuto anche all’uscita dal mercato di “chi non ce l’ha fatta”.Si può osservare anche la relazione forte tra lo stato di salute e l’internazionalizzazione delle imprese: le imprese con migliori performance sui mercati esteri (+46,7%) sono quelle passate dall’essere esportatore al livello global, quindi un upgrade di complessità più marcato. Chi ha scelto, al contrario, una riduzione da global ad esportatore semplice ha riscontrato anche performance peggiori. 3) Gruppi socialiIl prof. Alleva ha concluso il suo contributo presentando una suddivisione del Paese attraverso gruppi sociali: un sistema innovativo che analizza non più classi tradizionali (classe operaia, media borghesia ecc.) ma ragiona per nuclei familiari.Una prima separazione netta è tra famiglie in cui il principale percettore di reddito è disoccupato/inattivo, occupato atipico oppure con qualifica "bassa" o che svolge lavori manuali e "gli altri".La fascia bassaNella fascia bassa (10 milioni di famiglie su 25) un elemento di fragilità è almeno un componente straniero che presenta lo svantaggio maggiore (il 40% rispetto alla media), principalmente persone giovani nelle aree metropolitane nel centro-nord. In questa fascia è presente anche una grande quota di mismatch tra titolo di studio e professione.Anche l’ampiezza della famiglia incide drammaticamente in questa tipologia di nucleo: dai 4 componenti in su si rientra in zona potenzialmente a rischio. Se pensiamo che fino a non molto tempo fa, la famiglia con due figli era considerata quella “canonica”, abbiamo già uno spunto di riflessione di non poco conto.Il secondo livello di questa fascia bassa è quello composto da soli italiani localizzati principalmente nel mezzogiorno.Troviamo poi donne sole con pensioni non lavorative assimilate ai giovani disoccupati per reddito e comportamenti. La fascia altaLa fascia “alta” ha un comune denominatore dato da due elementi associati: la coerenza tra titolo di studio e posizione professionale; troviamo in questa categoria la classe dirigente e la famiglia di impiegati in buona posizione e titolo di studio.Sempre nella fascia alta troviamo le “pensioni d’argento”, ossia ex personale di lavori qualificati che ha le possibilità e l’abitudine di spendere e consumare, conserva in una parola un tenore di vita medio-alto.Dal confronto con le metriche “storiche”, balza all’occhio come la classe operaia e la piccola borghesia abbiano sostanzialmente perso la loro unicità, a differenza delle categorie dirigenziali e impiegatizie e lasciano spazio a letture e approfondimenti di natura sociologica.